L’Eritrea è un piccolo stato del Corno d’Africa con circa 3,5 milioni di abitanti ed è il quinto paese più povero del mondo.
È costituita da un mosaico di nove gruppi etnici, gli abitanti professano la religione cristiana o musulmana. Il paese ha un alto grado di mortalità infantile e gran parte della popolazione è sottonutrita, scarsissima è l’alfabetizzazione, pochi i servizi essenziali (scuole e ospedali). L’economia è basata quasi esclusivamente su una pastorizia e un’agricoltura non sempre redditizie; i pochi impianti industriali risalgono ai tempi in cui il paese era colonia italiana.
Sempre più spesso, la siccità colpisce l’Eritrea causando perdite di raccolti e di bestiame (desertificazione) e, trenta anni di guerra con l’Etiopia per la spartizione di alcuni territori lungo il confine, hanno fornito il pretesto al governo per militarizzare lo Stato. I giovani sono così stati richiamati alle armi per periodi illimitati, togliendo alle famiglie le braccia necessarie per la lotta alla sopravvivenza e minando la speranza nel futuro. Purtroppo si è imposta una dittatura militare delle più repressive ed ogni forma di opposizione non è tollerata.
In Eritrea l’emergenza idrica, alimentare e sanitaria è permanente.
L’epoca coloniale
Sede nell’antichità dell’impero di Aksum, prosperò come stato semi-indipendente sotto la sovranità nominale dell’Etiopia sino a quando non fu occupata parzialmente dagli Arabi nel 600 e quindi, nel 1500, dai Turchi che presero possesso di tutta la costa e la dominarono per i successivi 300 anni. La zona costiera cadde, nel 1866, sotto il dominio dell’Egitto che vi costituì una base per tentare la conquista dell’Etiopia. L’interesse italiano nella zona cominciò dopo l’apertura del canale di Suez (1869), quando la compagnia di navigazione Rubattino, per conto del governo, procedette all’acquisto della baia di Assab. In seguito a trattative con le potenze europee attive nella regione (soprattutto l’Inghilterra) la baia fu rilevata dal governo stesso; nel 1885 si procedette all’occupazione di Massaua, già in mano agli egiziani e, nell’arco diquattro anni, alla conquista delle altre città del nord. Nel 1890 fu creata la colonia Eritrea che unificava tutti i possedimenti italiani nella zona.
L’Italia iniziò a finanziare lo sviluppo di queste nuove colonie economicamente strategiche, e portò a termine grandi opere come la costruzione di una linea ferroviaria tra Massaua e Asmara, un’importante rete stradale, ponti, gallerie e un sistema di telecomunicazioni molto efficiente per quei tempi. Negli anni ’30, l’Eritrea era la colonia più industrializzata dell’Africa, ma le popolazioni locali, spogliate della maggior parte delle terre e costrette a subire il giogo della colonizzazione in ogni parte del paese, pagavano caro il prezzo dello sviluppo. Nel 1935 l’Eritrea servì di base per la campagna contro l’Etiopia, al termine della quale fu compresa nel territorio dell’AOI (Africa Orientale Italiana).
Il dominio italiano durò sino al 1941 quando, in seguito all’occupazione inglese, la regione divenne un protettorato britannico.
La decolonizzazione
Nel 1952 le Nazioni Unite, per favorire un accordo tra etiopi (che puntavano all’annessione) ed eritrei (volti all’ottenimento dell’indipendenza), stabilirono che i due paesi si unissero in una federazione. Da questo momento cominciò il declino dell’Eritrea: l’Imperatore Hailè Sellassìè, non rispettando le autonomie eritree, fin dal 1952 fece occupare dall’esercito etiopico i punti strategici del Paese, nel ‘53 è soppressa la libertà dì stampa, nel ’55 destituisce il capo di governo legittimo sostituendolo con due ras etiopici, nel 1961 abolisce la bandiera eritrea e nel novembre del 1962 considerò decaduti gli accordi federali e l’Eritrea fu ridotta al rango di provincia dell’Impero etiopico. Dopo iniziò un periodo di ”pulizia etnica” e di terrorismo di stato che durò fino al 1974 anno in cui fu deposto Hailè Sellassìè.
L’indipendenza
Nel 1990 gli indipendentisti occuparono Massaua e l’anno seguente Asmara, abbattendo il regime di Hailé Mariam Menghistu. Il nuovo governo provvisorio fu subito riconosciuto a livello internazionale e, nel 1993, l’indipendenza del paese fu ratificata da un referendum popolare. Nello stesso anno l’Eritrea fu ammessa all’ONU. L’indipendenza dell’Eritrea fu sostenuta dalla stessa Etiopia, il cui primo ministro Meles Zenawi era stato amico e alleato di Isaias Afeworki, il presidente eritreo, nella lotta contro Menghistu.
Con l’indipendenza il paese non ha tuttavia conseguito risultati soddisfacenti, né sul piano economico, né su quello politico, attirandosi anzi le critiche della comunità internazionale per le continue violazioni dei diritti politici e di informazione.
Gli ultimi anni
La leadership del paese, spiccatamente nazionalista, è entrata più volte in contrasto con i paesi vicini per rivendicazioni territoriali: nel 1995 con lo Yemen e poi con l’Etiopia. Nel 1997, l’introduzione di una moneta nazionale (il nakfa), che rompeva un’unione monetaria stabilita fin dal 1991, creava tensioni con l’Etiopia, che bloccava gli scambi commerciali. Nel 1998 la crisi si acuiva per la contesa sul controllo di una piccola area del Tigrai, invasa dalle truppe eritree. Dopo un breve periodo di tregua e il rifiuto da parte eritrea dei negoziati proposti dall’OUA (Organizzazione per l’unità africana), agli inizi del 1999 la guerra riprendeva sia sul fronte terrestre sia su quello aereo, causando migliaia di vittime tra la popolazione civile. Alla fine del 2000, dopo un nuovo cessate il fuoco, veniva firmato ad Algeri, grazie alla mediazione di OUA e USA, un accordo di pace tra i due Stati, cui seguiva nel 2002 un accordo per una linea di confine definitiva, raggiunto grazie alla Commissione di arbitraggio internazionale dell’Aja.